domenica 25 febbraio 2007

Un panorama libero ed un manifesto sull'espresso


RACCONTI RIFLESSIONI LOCALITA'


Ieri sono tornato dal paesino pieno di pietre che ha un nome animale, quelle pietre le ho calpestate tutte, ce le ho stampate nella testa, letteralmente, porto ancora un piccolo sfregio alla HarryPotter sulla fronte, il ricordo di qualche punto di sutura dopo che da bambino sono ruzzolato giù da una lunga discesa di ciottoli. Ricordo ancora il vociare delle persone che mi accompagnava dal dottore come in processione. Un po' di vita tra i vicoli morti dove non succede mai niente, anche un bambino con la fronte spaccata è un diversivo in un afoso 'meriggio di mezza estate (Montale certe cose non se le poteva neanche immaginare mentre scriveva annoiato nel suo orticello).
Quel paesino lo amo e lo odio, lo odio perchè se una ragazza va in giro con le mani nelle tasche del cappotto il primo passante pensa che ha mal di pancia, il primo lo dice al secondo che pensa che la ragazza abbia il ciclo, così il terzo deduce che è incinta e se dopo qualche settimana il pancione non si gonfia, significa che ha abortito così tutte le comare del paese nel supermercato della piazza hanno finalmente qualcosa di cui parlare.
C'è un solo giornalaio, ma è sempre deserto, le notizie circolano in maniera diversa, è radicata la tradizione orale. L'estate scorsa comprai L'espresso per leggere una cosa di Umberto Eco e una copia de Il Manifesto perchè mi piace l'inserto culturale del sabato, non l'avessi mai fatto. Nel giro di dodici ore io ero la reicarnazione di Stalin che aveva deciso di passare le sue vacanze estive su una collinetta dimenticata da Dio in un antro sperduto del subappennino.
Mio zio cercava di redimermi parlandomi di PolPot, dei Gulag, faceva strani discorsi su Berlinguer e commentava politicamente ogni notizia del tg. Anche se ficcavano sotto una vecchietta che era passata col rosso era colpa dei partigiani che sventolavano bandiera rossa, che se ci fossero stati i leghisti col fazzoletto verde il semaforo sarebbe stato dello stesso colore e la vecchietta sarebbe passata incolume (esagero ma di poco, credetemi.ndr).
All'inizio non capivo, senza preoccupazioni lo vedevo scanzarmi quando mi incontava nella piazzetta del paese. Persino un prete si fermò a parlare, forse per capire se ero davvero la reincarnazione del sanguinario Stalin o fossi più tenero, magari quella di Mao visto che come lui ho la faccia tonda. Poi mi hanno spiegato che lo fa con tutti i ragazzi del paese perchè vuole avere qualcosa di cui parlare in sagrestia insieme alle perpetue.
Meno di una settimana dopo tornai dalla stesso gionalaio per chiedere una copia di Panorama perchè mi interessava una recensione di Aldo Moraldi ma il giornalaio, pallido in volto con un'aria delusa mi fa "no, mi dispace, quello è finito però se vuoi ti do una copia di Libero!"
Credo di non averlo neppure salutato, scendo le scale del giornalaio. Tempo due minuti e le prime persone mi guardavano con la faccia da punto interrogativo.
scritto da: Uto88 su: CLEAN notes


Questo post è stato pubblicato su Blog Penna Calamaio in data 10 Gennaio 2007. Puoi inserire qui i tuoi commenti e visitare Blog Penna Calamaio su Digiland, per leggere i commenti sul blog di origine e sul blog dell'autore, puoi partecipare anche Tu al nostro progetto di aggregazione , inviando i permalink dei tuoi post a redazione_blog@libero.it o facendo domanda di iscrizione a membro del blog collettivo. Tutti i post accettati ai fini della pubblicazione, saranno gradualmente inseriti su tre piattaforme di blogging.
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