lunedì 24 settembre 2007

Il silenzio ed i suoi paesaggi interiori

Anni fa, in Israele, vissi una brevissima ma intensissima esperienza di deserto e ancora adesso serbo dentro la mia anima il ricordo di quel silenzio ... Un silenzio "corporeo", che avvolge e nello stesso tempo penetra, che risuona dentro e che fa vibrare all'unisono con il vento, un vento che parla, parla e poi ancora parla ... Un silenzio caldo, accogliente, un Silenzio Pieno e di Presena ...


Anni dopo, nella mia stanza di terapia, ho avuto modo di sperimentare un'altra dimensione del silenzio con una bambina affetta da mutismo selettivo, quindi a base psicogena, la quale, per sottolineare la sua volontà di farmi vivere il suo silenzio, costruiì con i cubi di gommapiuma una enorme e solida barriera, con "fessure" riempite da oggetti appuntiti come se fossero armi di attacco o di difesa, allo scopo di stabilire in modo netto i confini tra il mio e il suo spazio. Ben altre sensazioni, ben altre emozioni! Un silenzio gelido e duro, buio e doloroso, il Nulla e i suoi pericoli (così per 45 minuti, il tempo canonico delle sedute, ma qualcosa come quattro ore secondo il mio tempo psicologico)


Il ricordo di queste due esperienze mi ha fatto molto riflettere sulla natura del silenzio e sui suoi paesaggi interiori. Di fatto, il silenzio ha una sua semantica, un suo significato emotivo. Allora, a volte, lo possiamo percepire come un Pieno, come quando si vive l'amore nella sua completezza, quando l'Amore non ha bisogno di parole, ma di gesti e di sguardi colmi; oppure, quando il silenzio è momento di raccoglimento, di contatto con Qualcuno o con se stessi, diventando così anche occasione di sintesi, di riflessione, di programmazione. Ma c'è anche il Silenzio come Vuoto, il silenzio gelido dell'incomunicabilità tra persone, o di un dolore troppo grande e vecchio per poter essere espresso, di una paura che paralizza l'anima, di una rabbia troppo repressa per poter essere sciolta in un urlo o in un pianto. Silenzio della Notte, Silenzio del buio primordiale, Silenzio dell'Assenza.


Ma il Silenzio, probabilmente, ha le sue regole, e allora si può parlare di una sua sintassi, con la sua durata e le sue punteggiature: sono le pause quando noi parliamo, che servono per raccogliere nuove idee o per comprendere se l'altro ha capito e come ha capito; oppure, sono le parole che improvvisamente lo perforano, sassi scagliati come gli oggetti appuntiti della mia piccola paziente, che rompono la barriera, riempiendo il silenzio di dolore e di rabbia.


Infine, stare in silenzio o percepire il silenzio dell'altro non può non produrre effetti sulle persone, poichè non si può rimanere impassibili di fronte ad esso, o perchè da esso si tende a fuggire, o perchè ci si lascia ammaliare dal suo fascino. E' la pragmatica del silenzio. Gli psicologi della Scuola di Palo Alto sostengono che il silenzio contenga in sè un forte valore comunicativo. E' impossibile, infatti, non comunicare, non fosse altro perchè, paradossalmente, con la non comunicazione comunichiamo che non vogliamo comunicare ...!


Il silenzio quindi non può essere trattato come una sorta di contenitore vuoto, ma come un luogo "troppo pieno", come uno spazio mentale e comunicativo saturo di contenuti, di vissuti, di valori. Gelido o caldo che sia, il Silenzio è un Pieno che trasmette le intenzioni di chi lo vive e di chi lo fa vivere.


E' importante però la notte, perchè prepara il giorno ... Ed è il "Silenzio buono", che richiede ripiegamento in noi stessi, che vale la pena esplorare, non solo perchè può costituire un antidoto al "Silenzio cattivo", ma soprattutto perchè, "decidendo" di essere tale, ci aiuta a mettere ordine nei nostri cassetti emotivi, a spegnere il rumore bianco accumulato, ovvero il caos interiore di tensioni, rimorsi, sensi di colpa, idee distorte, pregiudizi lapidari che popolano il nostro paesaggio interiore. E' il viaggio verso la trasparenza, la chiarezza e la lucidità emotiva, e per questo ci vuole coraggio.


E' solo facendo deserto dentro, solo se si fa realmente silenzio, che si può pensare di ritrovare se stessi e di riscoprirsi più forti, più autentici, più maturi. Ed è solo facendo silenzio dentro di sè che si permette all'altro di entrare anche con le sue contraddizioni e le sue ambivalenze, empatizzando con il suo dolore senza rinunciare a sè, ma accettando e accogliendo le sue parole, i suoi Silenzi e i suoi paesaggi interiori


scritto da: Morton0 su Scherzo o Folllia
pubblicato su Blog Penna Calamaio in data 06/08/07

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